Il presepe a Notre-Dame, esposto dal dicembre 2024 al febbraio 2025, ha rappresentato uno dei simboli della rinascita della cattedrale dopo il devastante incendio del 2019. Collocato nella navata centrale in occasione della riapertura al pubblico, il presepe ha unito tradizione e arte contemporanea, con statue realizzate da maestri artigiani.
L’installazione ha voluto celebrare non solo il Natale, ma anche la resilienza e la spiritualità di un luogo iconico, finalmente restituito ai fedeli e ai visitatori di tutto il mondo.
Il presepio ha, a Napoli, tradizioni molto antiche: già nel 1200 in alcune chiese, nel periodo natalizio, venivano montate rappresentazioni della Natività con sculture in legno dipinto di altezza naturale. Nel corso del Seicento, gradualmente, a queste statue lignee si sostituiscono figure di dimensioni più ridotte e realizzate con manichini snodabili in legno, con teste e mani in legno scolpito e vestiti in stoffa.
È però con il Settecento che il presepe a figure mobili raggiunge una sua configurazione ben precisa: quella ancora oggi tramandata dalle botteghe artigiane di Napoli. Le figure vengono realizzate con manichini in filo metallico ricoperto di stoppa, mani e piedi sono in legno dipinto mentre per le teste si afferma la più nobile terracotta policroma.
Tutto questo realizzato con grande impegno artistico ma soprattutto con uno sfarzo che portava a suscitare meraviglia e invida, utilizzando anche per i dettagli minuti i materiali più preziosi: oro, argento, gioielli autentici, stoffe pregiate … in una vera e propria gara di ostentazione di ricchezza. Valorizzato, infatti, dalla Corte borbonica settecentesca (da re Carlo III in particolare che salito al trono di Spagna trasferì anche a Madrid la tradizione presepistica) il Presepio divenne uno status symbol fra le famiglie dell’aristocrazia: vi fu chi dissipò patrimoni per comprare i pastori realizzati dai più affermati artigiani, che potevano costare un mese di stipendio di un alto funzionario di corte.
Quanto alle scene rappresentate, tre sono quelle canoniche, che corrispondono al racconto evangelico.
Quanto alle scene rappresentate, tre sono quelle canoniche, che corrispondono al racconto evangelico. La Natività, per la quale si consolida l’ambientazione in una capanna addossata ai ruderi di un antico tempio: un’allegoria piuttosto esplicita della vittoria del cristianesimo sulle religioni pagane, ma anche la manifestazione della influenza sulla cultura napoletana del Settecento, delle prime scoperte archeologiche a Pompei ed Ercolano che accendono una sensibilità nuova per le rovine archeologiche.
Altra scena canonica del presepio napoletano settecentesco: l’Annuncio, in cui gli angeli, in un alone di luce, portano la Novella ai pastori. Fra questi si distinguono due personaggi rituali: Benino, il pastore che, addormentato, sogna quel che sta accadendo, e Armenzio, proteso invece a contemplare l’angelo che annuncia l’avvento di Gesù.
E poi la scena della Taverna, quella dove Maria e Giuseppe non hanno trovato alloggio: l’oste, reo di aver negato accoglienza alla Sacra Famiglia, impersona il demonio.
All’esterno, gli avventori che banchettano con suonatori e ballerini e accanto scene di vita ispirate alla società popolana della Napoli, spesso dolente, del tempo. Con una serie di coloriti episodi di contorno: primo fra tutti il sontuoso corteo dei Re Magi, con cavalli, cammelli ed elefanti e, soprattutto, la banda degli orientali, con gli strumenti luccicanti e fantasiosi (ispirata probabilmente dal ricordo dell’arrivo a Napoli, il 7 Aprile 1740, della delegazione di Costantinopoli per instaurare rapporti diplomatici con i Borbone).
Spentasi la moda, abbandonati i toni sfarzosi, la tradizione del presepio si mantenuta come una consuetudine particolarmente sentita dal popolo di Napoli e la tradizione artigianale ad esso legata ha mantenuto tutta la sua vitalità fino ai giorni nostri, tanto da costituire tutt’oggi una delle manifestazioni più genuine dell’artigianato artistico partenopeo. Il presepio che viene presentato ne è una prova significativa.
Il presepe settecentesco che vedete è il frutto di decine di anni di impegno e ricerche di Alberto Ravaglioli ed è stato esposto nei luoghi più prestigiosi in Italia e nel mondo: per citarne alcuni per tre anni nella Cappella degli Italiani a Praga,(1998-2000), a New York nella chiesa di St. Michael, parrocchia dei Vigili del Fuoco caduti alle “Twin Towers” (2001), a Lione nella cattedrale di Fourviére (2002), a Roma nel salone d’onore del Ministero degli Affari Esteri (2003), a Madrid nella chiesa di San Nicholas de los Rejes (2004), a Roma a Palazzo Farnese sede dell’Ambasciata di Francia (2004), a Padova nella prestigiosa sede del piano nobile del Caffè Pedrocchi (2005), a Roma nella Basilica di San Giovanni dei Fiorentini (2007-2008), nella Cattedrale di Terracina (2021 e 2022) e a Roma nella chiesa di San Luigi dei Francesi (2023).